MUSEO STRUMENTI MUSICALI MECCANICI

La musica meccanica (guida introduttiva)
Da sempre il progresso, l’innovazione tecnologica e la ricerca non si possono
fermare. Le volte in cui qualcuno ha tentato di farlo fortunatamente, n’è uscito perdente.
L’automobile ha sostituito la carrozza a cavalli, il medico lo stregone, l’industria il
piccolo artigiano, cambiando costumi e stili di vita.
L’uomo, fin dalla sua creazione, avendo ricevuto il senso dell’udito, si è deliziato
con i suoni della natura: il fruscio del vento, le gocce della pioggia, il canto degli
uccelli e una voce ben modulata che cantava imitando i suoni della natura.
Poi nacque la musica. La musica che trasformava e ricreava quello che il nostro
antenato aveva sentito col suo orecchio primitivo con strumenti sempre più perfezionati.
Nel corso dei secoli gli strumenti si raffinarono. Con l’evolversi della civiltà di pari
passo progredivano e creavano melodie e suoni sempre più delicati. Lo zufolo di un
pastore divenne un flauto, la cetra gli strumenti a corda fra i quali il violino è
sovrano e infine quelli a percussione si sublimarono nel pianoforte.
Tutti inventati e creati dal genio Italiano. Se la musica nasce dal popolo, con
l’evoluzione e la creazione delle classi sociali diventa purtroppo un privilegio per
pochi. Ancora una volta interviene il genio Italiano che inventa la musica
meccanica, e anche se all’inizio non fu popolare, nel ‘700 e soprattutto nell’’800,
divenne un fenomeno di massa. Centinaia d’industrie in tutto il mondo, delle quali
le più importanti erano italiane, produssero migliaia, milioni di strumenti che
giravano per le strade, suonavano nei locali, entravano nelle case di tutti, portando
la gioia d’armonie e musiche che rallegrava gli animi anche dei più poveri.
Poi il progresso, come dicevamo. Edison inventa la registrazione della musica con
gran diffusione di massa a costi bassi e Marconi scopre le onde radio.
Così la musica meccanica finisce, scompare, si nasconde presso pochi cultori che
raccolgono vecchi strumenti per la propria delizia e per la gioia di conservare una
testimonianza di costume e storica.
Da sempre il progresso, l’innovazione tecnologica e la ricerca non si possono
fermare. Le volte in cui qualcuno ha tentato di farlo fortunatamente, n’è uscito perdente.
L’automobile ha sostituito la carrozza a cavalli, il medico lo stregone, l’industria il
piccolo artigiano, cambiando costumi e stili di vita.
L’uomo, fin dalla sua creazione, avendo ricevuto il senso dell’udito, si è deliziato
con i suoni della natura: il fruscio del vento, le gocce della pioggia, il canto degli
uccelli e una voce ben modulata che cantava imitando i suoni della natura.
Poi nacque la musica. La musica che trasformava e ricreava quello che il nostro
antenato aveva sentito col suo orecchio primitivo con strumenti sempre più perfezionati.
Nel corso dei secoli gli strumenti si raffinarono. Con l’evolversi della civiltà di pari
passo progredivano e creavano melodie e suoni sempre più delicati. Lo zufolo di un
pastore divenne un flauto, la cetra gli strumenti a corda fra i quali il violino è
sovrano e infine quelli a percussione si sublimarono nel pianoforte.
Tutti inventati e creati dal genio Italiano. Se la musica nasce dal popolo, con
l’evoluzione e la creazione delle classi sociali diventa purtroppo un privilegio per
pochi. Ancora una volta interviene il genio Italiano che inventa la musica
meccanica, e anche se all’inizio non fu popolare, nel ‘700 e soprattutto nell’’800,
divenne un fenomeno di massa. Centinaia d’industrie in tutto il mondo, delle quali
le più importanti erano italiane, produssero migliaia, milioni di strumenti che
giravano per le strade, suonavano nei locali, entravano nelle case di tutti, portando
la gioia d’armonie e musiche che rallegrava gli animi anche dei più poveri.
Poi il progresso, come dicevamo. Edison inventa la registrazione della musica con
gran diffusione di massa a costi bassi e Marconi scopre le onde radio.
Così la musica meccanica finisce, scompare, si nasconde presso pochi cultori che
raccolgono vecchi strumenti per la propria delizia e per la gioia di conservare una
testimonianza di costume e storica.